Come educare i bambini

Qui entriamo in un campo minato. Insegnare ad un adulto è una cosa, tutt’altre dinamiche vengono chiamate in causa quando si tratta di come educare i bambini. È qui che entriamo in gioco noi di Blue rain coi nostri insegnanti specializzati nella didattica per l’infanzia. Da Montessori a Melanie Klein passando per una miriade di altri illustri studiosi di educazione infantile, la loro eredità vive nella nostra scuola dove vengono applicate ed adattate le loro metodologie didattiche il cui successo resiste il test del tempo.

Regola numero uno: concentrarsi sulle esigenze del bambino, non sui nostri bisogni. Che significa questo?

Abbiamo notato – in oltre trenta anni di insegnamento – che molto spesso le lezioni ruotano intorno a dei fattori che poco o nulla hanno a che vedere con le esigenze del bambino, anche quando l’insegnante ha le migliori intenzioni di questo mondo.

Capita ad esempio che il protagonista delle lezioni sia il programma (magari scritto da chi con la didattica non ha mai avuto a che fare), altre volte ci è capitato di assistere a lezioni in cui pareva che lo scopo dell’incontro fosse inculcare una disciplina fine a se stessa che, sebbene in parte necessaria per evitare che in classe regnasse la confusione, portava i bambini a una avversione per la materia e per un momento che, se ben gestito, conduce a un grande arricchimento sia per il bambino, sia per il docente, non solo in termini di mero successo accademico ma anche come esperienza di crescita e di un ricordo positivo che sarà integrato positivamente nella personalità del piccolo studente.

Affinché questo avvenga occorre appunto capire come evolve la personalità del bambino tenendo presente le differenze individuali. Se prendiamo in considerazione il periodo delle scuole elementari (tratteremo dei bimbi più piccoli in un altro post), ci rivolgeremo a una fascia di età che va dai 6 agli 11 anni. Contrariamente a quanto si possa credere, l’educazione in questo periodo non procede in modo lineare dal periodo precedente, anche se, naturalmente, quest’ultimo ha certamente un’influenza sul futuro sviluppo psicologico del bambino.

Ora siamo di fronte a un mutamento notevole della personalità dovuto a un passaggio dall’assimilazione dell’ambiente del primo periodo, all’acquisizione della cultura in questa seconda fase. La coscienza si sviluppa sempre più e, rispetto a prima, sì rivolge maggiormente verso l’esterno. Possiamo parlare di una fase di estroversione dell’intelligenza in cui i “ perché” caratterizzano questo periodo di sviluppo del bambino. Possiamo tranquillamente dire che siamo in un periodo cruciale a questo punto.

Qui è fondamentale che l’educatore abbia le competenze adatte per occuparsi di un compito così delicato come l’educazione del bambino; qualora fosse sprovvisto delle qualità richieste per gestire le varie dinamiche in gioco in questa delicatissima fase, la possibilità di generare disagi se non addirittura traumi nella mente del bambino è particolarmente elevata. Se invece consideriamo la mente del bambino come un fertile campo e l’ambiente di apprendimento viene percepito come sicuro e stimolante, ecco che i semi della cultura verranno non solo assorbiti con avidità ma addirittura ricercati per ripetere le sensazioni positive associate a determinate esperienze vissute.

A questo punto permettetemi un aneddoto. Tenevamo un corso di inglese presso tre classi quarte dell’istituto Comprensivo di Salsomaggiore Terme ed è senza falsa modestia che ricordiamo con orgoglio quando, alla fine di ogni lezione, i bambini esclamavano: “ No! è già finita? “ chiedendoci di rimanere oltre il nostro orario, cosa che facevamo con grande piacere, aspetto che viene colto dal bambino e che rafforza la relazione educatore/studente attivando un circolo virtuoso che, per rimanere nell’analogia del campo fertile, non può che far maturare frutti sempre migliori e succosi.

Ora vorrei parlarvi di una questione alquanto spinosa: l’ambito morale, in altre parole, la distinzione tra il bene e il male e il suo impatto sul percorso di apprendimento del bambino. In questa fase del suo sviluppo, egli o ella non è più passivo ricettacolo di nozioni provenienti dall’esterno ma desidera comprendere le cose da se, spesso all’interno di un paradigma di valori molto lontano da quello dei suoi educatori. Ecco perché capita sovente che il bambino si ribelli causando frustrazione nell’educatore che vede minacciata la propria autorità.

Tuttavia, questo comportamento da parte del bambino è del tutto naturale in quanto la sua natura comincia a stimolargli un bisogno di indipendenza nella questione morale e un rigetto di un’autorità arbitraria che ha la pretesa di custodire  le chiavi di accesso a tutte le sfere dell’esperienza umana. L’educatore consapevole di come si evolve la personalità del bambino,  riconoscerà questo aspetto ed avrà massima premura di evitare di frustrare questo bisogno fondamentale del piccolo studente al fine di evitare che sorgano meccanismi di difesa (che possono variare dalla ribellione all’apatia, dall’isolamento al bullismo e altro ancora) a detrimento non solo dei progressi scolastici ma dello sviluppo psicologico del bambino.

Concludiamo questo intervento accennando a come nutrire l’intelligenza del bambino utilizzando un’altra analogia: quella di un ricco banchetto in cui siamo liberi di assaggiare tutto ciò che si presenta di fronte a noi senza che ci venga imposto cosa mangiare né che qualcuno decida per noi quale sia il nostro cibo preferito!

Per sviluppare l’intelligenza del bambino, esso deve essere lasciato libero di stabilire le proprie necessità senza le nostre interferenze. Osserveremo allora che il bambino in apparenza turbolento sta in realtà assecondando la propria esigenza di conoscere, sta consentendo alla propria intelligenza di organizzarsi e affinché questo avvenga, il “ banchetto “ culturale deve essere ricco, abbondante e appetibile.