L’OSSERVAZIONE NELLA PRIMA E SECONDA INFANZIA
L’osservazione del bambino è ritenuta, giustamente, uno dei fattori qualificanti la professionalità dell’educatore e insegnante.
I metodi osservativi possono essere diversi perché diverse sono le finalità per cui si osserva.
Si può osservare lo spazio in quanto adeguato ad accogliere i bambini, si possono osservare nello specifico le dinamiche di un piccolo o di un grande gruppo, si può osservare una funzione specifica (ad esempio lo sviluppo motorio).
Più raramente l’educatore e l’insegnante vengono avviati ad una osservazione “partecipe” che prepari a cogliere, accanto ad aspetti di sviluppo, le risonanze e i significati che l’atto stesso dell’osservazione suscita in loro. Cogliere queste risonanze porta anche ad interrogarsi sul modo del proprio porsi nei confronti del bambino. Questo aspetto è ciò che rende molto interessante l’osservazione poichè pone in movimento entrambi i soggetti implicati: l’osservatore e l’osservato. Questo “movimento” nel soggetto adulto richiede una specifica formazione, intesa a costituire un habitus che lo accompagni nello svolgersi del rapporto con i bambini.
In sintesi i fattori portanti sono:
- La nascita di uno spazio mentale di osservazione
- La capacità di attendere e di non intervenire prima di avere almeno tentato di capire
- La disponibilità e l’attenzione data ai bambini osservati
- iL cogliere le loro reazioni come informazioni importanti
- La costruzione di un gruppo che acquisti funzioni di contenimento e che diventi spazio in cui è possibile pensare insieme
- L’OSSERVAZIONE OCCASIONALE
Osservare sembra una cosa immediata: coi bambini ci stiamo tutti i giorni, tutto il giorno, certamente vediamo.
A volter però, guardiamo il nostro gruppetto come guardiamo spesso un prato,vediamo che è verde, che è composto da fili d’erba, ma dobbiamo avvicinarci molto e “voler vedere” per notare la varietà e la diversità degli steli.
Si vede un’uniformità mentre ogni bambino ha diritto ad essere visto personalmente. In questo senso i bambini in difficoltà ci insegnano moltissimo perchè ci costringono a guardarli da vicino, intensamente. Questo andrebbe fatto con tutti i bambini e se lo si fa…ci si rende conto che imparare ad osservare comporta la disponibilità a cambiare modo di lavorare.
Non esiste infatti un progetto che si può definire una volta per tutte, poichè le proposte nascono dall’incontro di ciò che si nota nel bambino osservandolo e il modo di sentire dell’educatore e insegnante rispetto a queste osservazioni. Come non tutti i bambini sono uguali, così anche tutti gli educatori/insegnanti non lo sono.
L’osservazione che l’adulto compie non è fatta solo di capire meglio quel bambino, ma anche per mettersi in comune nel gruppo di lavoro per cercare insieme di comprenderne il significato.
In questo modo si crea anche una condivisione di giudizio che permette di avere proposte differenziate dentro ad un orizzonte comune. Per giudizio comune non si intende qualcosa di astratto, ma ad esempio, al pianto (tanto concreto) di un bambino al momento della separazione.
Bisogna interrogarsi su che cosa significhi quel pianto, che cosa suscita in noi? Quali sentimenti? Quali paure? Quale ansia?
E’ importante avere di tanto in tanto uno spazio disteso in cui godere di poter guardare i bambini con curiosità, perchè non è vero che noi sappiamo tutto dei nostri bambini.
Ammettere di non sapere tutto dovrebbe far scattare la curiosità di capire di più, e la curiosità, lo diciamo sempre ai bambini, è la molla del pensiere creativo. Se ci mettiamo a guardare in modo curioso per capire di più, ci verranno poi in mente le cose da fare.
La curiosità stimola anche a mettere in comune nel gruppo di lavoro le domande che sorgono. Infatti quando una persona cerca di capire, deve tollerare di non trovare subito la risposta.
Tollerare questo “non sapere tutto a priori” è la condizione per poter osservare bene, per potersi dire “l aprossima volta cercherò di fare un altro passo che mi avvicinerà alla soluzione anche se non me la darò immediatamente”.
Sedersi vicino al luogo deve i bambini giocano, guardarli per cercare di capire di più, implica anche trovare una giusta distanza mentale e psicologica. E’ d’aiuto, in questo senso, soprattutto nelle prime osservazioni, non convolgersi nel gioco o nella relazione, ma stare in disparte, senza essere troppo distanti come fossimo freddi osservatori. noi rimaniamo persone, non siamo una videocamera e, quindi, mentre osserviamo ci verranno in mente cose, torneremo, forse alle emozioni di quando eravamo bambini. Scopriremo con sorpresa che anche i bambini di oggi rifanno con gusto lo stesso gioco che facevamo noi da piccoli e questo provocherà in noi qualcosa.
L’allenamento ad osservare favorirà questa giusta distanza.
Che cosa osserviamo? Qualsiasi situazione. Non esiste in astratto una priorità. Esiste una priorità di opportunità che viene decisa dal soggetto che osserva. E’ importante che qualunque situazione,nel momento dell’osservazione, come momento del lavoro di gruppo, riceve un’attribuzione di significato reale; cioè gli adulti riescano a capire che cosa significa.
Con i bambini molto piccoli, la decodificazione della domanda è un’operazione molto importante, perchè la domanda viene espressa in modo implicito, attraverso vissuti, con una scarsa mediazione del linguaggio.
Sarà fondamentale, quindi, come primo passo, registrare il “come” del comportamento del bambino, escludendo, elementi valutativi.
La riflessione successiva deve “poggiare” su di noi prima che sul bambino.
Noi siamo parter integrante de “campo” del bambino e il suo comportamento sarebbe sicuramente diverso se al nostro posto ci fosse un altra persona.
Questa importante constatazione apre la via al tema dell’osservazione sistematica.
- L’OSSERVAZIONE SISTEMATICA
Questo tipo di osservazione è metodologicamente coerente con quanto espresso finora. La sistematicità permette di affrontare nel tempo, una situazione che pone delle domande, per la quale si devono sottoporre a prova delle ipotesi.
Un’unica osservazione approfondisce la conoscenza, ma raramente permette attribuizioni di significato sicure. Può suggerire ipotesi, ma queste vanno convalidate e suffragate da un certo numero di osservazioni corredate dalle considerazioni dell’educatore/insegnante.
Durante l’osservazione l’adulto dovrà esercitare la propria capacità di “fotografare” con molta oggettività ciò che vede (neutralità).Pur tenendo alto questo atteggiamento interiore, si accorgerà contemporaneamente, che alcuni atteggiamenti del bambino lo colpiranno più di altri (sarà in qualche modo partecipe delle emozioni del bimbo osservato). Registrerà anche questo in un “file” separato. INun secondo momento avverrà la trascrizione dell’osservazione che rispetterà queste due scansioni:
- la descrizione fotografica di ciò che si è visto. La preoccupazione non sarà quella di trascrivere tutto. Ovviamente verrà operata una selezione naturale, poichè rimmarrà in mente ciò che ci ha più colpiti, nella sequenza con cui gli avvenimenti si sono presentati. Questo non è un limite poichè è proprio da ciò che rimane più impresso che si crea il nucleo utile a nuove osservazioni.
- le considerazioni.Questo è il momento in cui si attribuisce (provvisoriamente) un significato, prendendo in considerazione anche i propri sentimenti, i ricordi, le associazioni, le domande che l’osservazione ha suscitato. Fonatamentale è il confronto nel gruppo di lavoro, perchè spesso è in questo luogo che l’educatore/insegnante viene aiutato a rileggere i propri sentimenti e a ritrovare una giusta distanza rispetto a quanto i bambini proiettano su di lui.
Possiamo quindi riassumere:
OSSERVARE E’….
- puntare gli occhi su ciò che funziona
- cogliere i piani diversi sui quali sta scorrendo lo sviluppo del bambino, attribuire loro significato ed integrarli
- acquisire un habitus che rende l’adulto presente nelle relazioni col sufficente distacco che permette di riflettere
OSSERVARE NON E’…
- cercare conferme a ciò che già pensavamo
- quantificare e paragonare ad un modello standard
- compilare una scheda
- isolare alcuni momenti “forti” (es. inserimento”)
Per concludere si cercherà di individuare ciò che nel bambino “funziona” e tende a sviluppare le potenzialità, tenere a mente che è sempre un’osservazione “in situazione”: ambientale e relazionale, questa deve essere partecipe e umile (è difficle interpretare i comportamenti e i sentimenti altrui), bisogna accettare di non capire tutto subito e non dimenticare il nostro vissuto (sapersi mettere nei panni di…come se…)
Rosj Colacino – insegnante scuola primaria e tagesmutter
per info: www.lalibrovaga.wordpress.com